Mi arriva un video su Telegram, su un canale indipendente che 24 ore su 24 riporta news sulla guerra in Ucraina. Quel tipo di video non verrà mai mostrato in TV, o se lo faranno ci saranno grandi pixel a sfumare le parti più crude, quelle che trasudano guerra. Perché quel video mostra quello che dovrebbero vedere tutti senza filtri, per assaggiare di cosa si parla, per capire che non è un videogame, un film con effetti speciali, esplosioni colorate dietro ad un anchorman, asettici schermi di computer con immagini agli infrarossi e comandi a distanza, potenti mezzi terrestri e aerei, uniformi high-tech, soldati con il ghigno sicuro di chi è nel giusto, “Slava Ukraini” e morte ai russi…
A Donetsk un
missile (la bandiera è quella giallo-azzurra di quelli "buoni", ma poteva essere anche appartenere agli altri, il risultato non cambia) colpisce in mezzo alle case, su un gruppo di persone in fila per il bancomat. Corpi intatti e corpi mozzati, pozze di sangue, membra sparse, soccorritori scioccati
Due figure, un
uomo e una donna, uno accanto all’altra, sdraiati sulla schiena. Sono ancora
vivi. Il giornalista munito di smartphone mi mostra tutto,
implacabile. I volti bianchi come cera in preda allo shock. Le gambe di
entrambi non ci sono più, solo carne rossa, lacci emostatici e ancora sangue. Le
dita delle loro mani lentamente si cercano, si intrecciano per un brevissimo
momento. Poi la donna viene issata dai soccorritori e portata via, caricata in
ambulanza, i due separati al loro destino di dolore e morte.
Chi sono? Marito
e moglie? Fratello e sorella? Sconosciuti? So solo che hanno condiviso un’ora
di agonia sdraiati su quel marciapiede, forse la loro ultima insieme. La guerra
sono loro, sono quelle dita disperate che si cercano, si toccano e si separano.
Ho sapore di
sangue in bocca, forse mi son morso le labbra nell’orrore del video, forse ho
solo paura che quell’orrore superi i confini...