sabato 6 aprile 2013

Il Gioco di Kim



Che immagine possiamo avere di lui?
Io lo vedrei bene in braghette e maglietta verde militare ben tirata sul pancione, col faccione ebete ed i capelli assurdi stile Nobita, illuminati dal solo riflesso dello schermo della PlayStation, che proietta i sibili e le esplosioni di Command & Conquer. Poi, ancora con il sorrisone per l'ennesima, e scontata, vittoria del suo esercito Rosso, si alza e raggiunge, in ritardo, il gabinetto, ma quello di guerra, pieno di canuti generalissimi, pronti a fargli continuare il giochetto sulla cartina del Pacifico, della Corea del Sud, del Giappone e della California, con quei bei modellini di navi, aerei e missili, che gli turbinano davanti come appetitosi giocattolini.

Ecco, se l'immagine che avete di  Kim Jong Un corrisponde a questa, siete in grave errore; si, perchè vedendolo come un bamboccione innocuo, rischiate di sottovalutare un rischio concreto, e le motivazioni sono molteplici.

Primo: la Corea del Nord ha le spalle al muro; inchiodata all'embargo internazionale dalle sciagurate decisioni prima del padre, poi del figlio, che negli ultimi anni hanno rinnegato quanto di buono avevano intrapreso all'inizio del nuovo millennio, ritornando sulle peggiori posizioni di chiusura stalinista e militarizzazione estrema (vedi il nonno, sigh); dissanguata almeno dal 2007 dal tentativo di sviluppo di armi nucleari, e dalla totale militarizzazione dello Stato; oggi la DPRK si trova nella tipica condizione di nazione in ginocchio, con due sole vie di fuga, o il gesto estremo o la rivoluzione interna.

Secondo: anche se l'intelligence internazionale si scontra contro uno spessa cortina fumogena, tutti i siti specializzati sembrano concordare sul fatto che a nord di Seoul qualcosa di troppo simile ad un ordigno nucleare possa essere effettivamente caricato su un vettore; la realtà, poi, è che il vettore in questione (leggi missile), non è in grado di raggiungere le coste statunitensi (come nessuno sembra evidenziare, forse per dovere di catastrofismo); ma la realtà dice anche che sempre lo stesso vettore, che sia un vetusto Scud, con portata limitata alla sola Corea del Sud, oppure un No-Dong, con un raggio di azione fino a 6000 Km (il massimo consentito dall'attuale tecnologia nord-coreana), può colpire aree a densità di popolazione da bollino rosso (la stessa Seoul, quasi 10 milioni di abitanti, oppure Tokio, più di 15 milioni...). E che dire dei MIG-29, schierati a sei minuti (!) di volo dalla capitale sud-coreana?


Terzo: vero è che la ragione del polverone sollevato apparentemente senza motivo dal grassoccio trentenne nord-coreano è la stessa di tante altre provocazioni, ovvero ottenere concessioni, maggiori aiuti, aperture commerciali in genere, ma questa volta rischia di essersi spinto troppo in là, di aver osato troppo con le parole e con i fatti, di essersi fatto prendere troppo la mano; e alla sua prima vera comparsa, con inatteso passo pesante, sul panorama mondiale, dal basso della sua inesperienza, e della sicura scarsa conoscienza delle regole del gioco, il suo gioco potrebbe pericolosamente giungere ad un punto di non ritorno.

Quarto: non è affatto vero che la DPRK è sola soletta in questa partita; gli zii di primo grado, che sono stati, con Mao, i veri modelli di socialismo post conflitto mondiale, si guardano bene dal tirare scapaccioni al nipotino bellicoso, e, al di là delle dichiarazioni di circostanza, mantengono un atteggiamento protezionista, non certo di appoggio ai diritti americani (ci mancherebbe), nè a quelli di Seoul (che con il suo boom è una troppo evidente antagonista economica nella regione asiatica), nè tantomeno a quelli Giapponesi, storicamente primo, e mai dimenticato, rivale dell'impero dagli occhi a mandorla.

Questi semplici quattro motivi fanno tenere accesa almeno la luce gialla di Defcon 3 (alla lettera: "la sicurezza e la vigilanza vengono aumentate a causa di un elevato rischio di attacco su qualche operazione in corso").
E se niente cambierà in questi giorni, se non verrà ritirata la minaccia di accendere, entro la fine della prossima settimana, i motori su quelle due rampe di lancio mobili che Pyongyang ha schiarato sulla costa orientale, mi sa che almeno una notte con il fiato sospeso la passeremo; magari non proprio con il terrore dei nostri genitori nelle ore di sospensione fra il 27 ed il 28 Ottobre del 1962, ma, mi auguro, con lo stesso esito positivo...



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